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Tradizioni del territorio
Il vino Barbera è il vino più importante del Monferrato.
Ricco di valenze e significati socioeconomici: è sempre stato un
valido sollievo per i momenti di gran fatica, nei campi e nelle vigne.
Mentre è diventato alimento e piacere nelle grandi periferie urbane
e industrializzate. La Barbera resta scolpita nella memoria
dell’appassionato consumatore in quanto avvolta, direi arricchita, da
una miscela di incredibile umanità: osti, mediatori, cantinieri,
sommelier, enotecari e grandi bevitori.
“Arcaplè”
Vediamo una pratica tradizionale ricorrente in tutto il Monferrato
astigiano. E’ chiamata” Arcaple’”
Dalla testimonianza di un’anziana signora di Montegrosso d’Asti.
Anni 1930-1940.
“ Dopo la torchiatura si rompono le tome di vinaccia con le mani,
quindi si buttano in un arbi.
Si lavano con dell’acqua fatta cadere a pioggia, si scola e il liquido
colorato si mette in una bonsa.
Si aggiunge un’uva speciale detta uvalino.
E ‘proprio speciale: acini piccoli, buccia spessa, molto colorata,
sembra quasi un “neirano “.
Nessuna cascina aggiunge zucchero. No! Costa troppo.
Il tutto si chiama Arcaple’, ovvero riformare il cappello.
La bonsa dove si fa il vinot si tiene coperta con canapa o juta.
Si lascia fermentare qualche giorno, non si affonda mai la vinaccia
nel mosto.
Qualcuno butta dentro acini interi, siccome scoppiano, danno un po
' di frizzante, di gusto.
Dopo quindici giorni il” vinot “ era fatto, si tirava sempre dalla bonsa
abbassando il livello sino alla fine.
Il cappello si abbassava, ma l’uvalino non diventava mai forte.
Mario, come suo nonno e suo padre, non ha mai avuto il vinot
andato a male o acetoso, eppure non lo imbottigliavano, tiravano
sempre dal fusto di 14 brente”.
Tappi e bottiglie costavano troppo cari.