Anna e Vincenzo: la magia dell'amore

26 giro con cavallone di 1 e 80 almeno. È pieno di donne altissime e bellissime>. Così, la sentii sibilare alle mie spalle: “Ah, proprio un grand'uomo, il grande Buonassisi. Non comprerò mai più il Corriere della Sera”. Mi girai, mi piacquero i suoi occhi intelligenti, pieni di fuoco e fiamme, ma non dissi nulla. Gliela feci pagare dopo: alle prove di cucina e di cultura generale. La torturai. Arrivò seconda, dietro una bresciana, mi pare. La sera della premiazione, la cercai. Mi disse, fredda, che sarebbe partita subito, senz'aspettare la cerimonia. Del resto, aveva disdetto la sua camera. E io: “Se è per questo, sono solo in una stanza enorme. Possiamo condividerla.” Che cretinata. Però allora facevo così: dissipavo. Eppure, sentivo che era quella la donna ideale. Ideale per me, insomma. Scappò via, letteralmente, e non mi fu facile, in seguito, riagganciarla. Alla fine comunque ci riuscii. Un dito alla volta, a poco a poco, per gradi: e fui il suo uomo. Il suo primo uomo, anzi. Perché Anna conservava dentro il trauma dell'aggressione di un giovanotto che pure, da suo padre, morto quando lei aveva appena 16 anni, era stato aiutato in ogni modo: e i maschi le avevano poi sempre fatto paura. Il nostro amore crebbe pian piano, nel turbinio delle mie trasferte, delle mie conferenze, dei miei libri, dei miei programmi in tv, delle mie canzoni per Sanremo, delle mie mangiate e delle mie bevute di lavoro, e nelle stanze del Corríere, dove lei veniva a vedermi scrivere' Dino Buzzati la nominò suo portafortuna, e una volta Eugenio Montale, il mio dirimpettaio in redazione, le disse: “Sei riuscita in un'impresa disperata. Hai trasformato Buonassisi in un essere umano”.

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