normale, una consuetudine, ma io e Bart l’abbiamo vissuta come un’emozione
fortissima: la soddisfazione della fatica umana che per secoli si ripete su
queste terre.
Bart continua a vestire casual, non l’ho mai visto con la giacca o una cravatta,
sempre con scarponcini d’inverno e sandali d’estate, e poi fa jogging due o
tre volte la settimana in una tenuta coloratissima, direi, eccentrica, tanto da
farsi riconoscere dai locali come . . . “ah sì, quello è l’americano di qua che
corre”.\
Bart ora comincia a parlare l’italiano un po’ meglio, aiutandosi spesso con
traduzione letterale di alcune parole dal dialetto ligure, il risultato è spassoso.
Io lo correggo ma tendo a rispondergli in inglese. Devo dire che anch’io a
volte mi trovo in difficoltà con il mio inglese e, nel bel mezzo di un discorso,
cambio lingua e continuo in italiano. Chi ci sente parlare sorride.
Un’altro ambito molto interessante in fatto linguistico è il mio B&B, che
continuo con passione e che spesso coinvolge anche Bart. E’ bellissimo
vedere come gli ospiti si intrattengano con lui in inglese toccando diversi
argomenti. Non è più solo l’Italia che si interfaccia con Bart, ma il mondo
intero.
A volte penso: “Guarda un po’ come un puntino sulla carta geografica
mondiale, Leivi, può essere una finestra sul mondo. E’ bastato il mio B&B e
la sua collina di ulivi.
Insomma stare vicino a Bart significa vivere due mondi culturali nel
contempo, vincere una sfida di tendenze e di abitudini e non fossilizzarsi
nelle proprie idee e mentalità; soprattutto non dare mai per scontato che uno
di questi due mondi sia meglio dell’altro.