San Leonardo
ospiti numerosi parenti ed amici. Non mancavano poi le contrastate partite a carte, le commentate gare di bocce, e l’auspicata tombola per le donne, quasi pre-mio a tanto lavoro preparatorio. Anche nel 1914 al 6 novembre fu festeggiata la ricorrenza del Santo Protettore, ma fu una festa solo liturgica, scevra e lontana da qualsiasi manifestazione di sagra Era già scoppiata in agosto la guerra da parte dell’Austria contro la Serbia e l’Impero Russo: e anche a Borghetto ed Avio, come negli altri co-muni del Trentino, erano numerosi i feriti e già diversi i morti. Fu quel giorno solo un raduno di tante anime in pena, di tante madri angosciate, di tante spose e figli imploranti la grazia del Cielo, all’inizio di una catastrofe incomprensibile, della quale da poco avevano cominciato ad essere testimoni impotenti. Al termine della predica di Don Fiorino, predica che s’intonava alle tristi circostanze del tempo, udii un singhiozzo mal represso, un pianto soffocato da un fazzoletto sulla bocca da parte di una donna con il velo in testa, che più tardi riconobbi come Rosina Franchini nata Rizzi, abitante a Masi. Anche se edu-cazione e pietà inducono a non convergere l’atten-zione su chi vive momenti difficili, la curiosità di tanti era rivolta verso quella donna così addolorata. Al termine della Messa, ricordo benissimo, mia madre alzarsi dall’inginocchiatoio e dirigersi verso di lei con un senso di tale sensibilità umana che Rosina si buttò fra le sue braccia in cerca di aiuto e di conforto Fra pianti e singhiozzi, un po’ per volta, la Rosina riuscì a spiegare il motivo della sua disperazione: su quat-tro figli, partiti per la guerra, due erano già feriti, il Beppi e l’Angelo mentre un terzo, Eugenio, era prigioniero dei Russi: un quarto poi, Giovanni sul fronte galiziano da diverso tempo non scriveva più. Suoi compagni d’armi feriti le avevano fornito notizie contraddittorie sulla di lui sorte, chi dicendo che era ferito o che era scomparso, chi asserendo che era stato fatto prigioniero o, peggio ancora, che era invece morto. La Franchini aveva con sé una cartolina della Croce Rossa Russa che confermava la sorte di Eugenio in Russia senza dare alcuna indicazione né del suo stato di salute né della località in cui era stato internato quale prigioniero di guerra. In quel giorno, 6 novembre 1914, in quell’ora, 10.30 del mattino, nella Cappella di S. Leonardo prendeva inizio una grande opera di bene, dallo sviluppo ancora inimmaginabile, a favore non solo del primo ricercato, Eugenio Franchini, ma di migliaia e migliaia di altri prigionieri ancora irredenti, del Trentino, dell’Istria e della Dalmazia; e a sollievo di altrettante famiglie addolorate. Con semplicità mia madre promise a questa signora di iniziare le ricerche, non preoccupandosi affatto della vastità dell’Impero Moscovita. Scrisse a paren-ti e ad amici che risiedevano a Mosca, a Pietroburgo ed in Odessa sollecitando le opportune indagini per rintracciarlo: e fu rintracciato. Da questo sorprendente risultato ebbe inizio la ricerca di tutti i prigionieri trentini, triestini e dalmati sia nella Russia Europea che Asiatica.
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