Quelle che oggi risultano pianure costiere e spiagge nel neolitico erano terreni
alluvionali che tenevano ben lontani dal mare i suoi popoli; citiamo come
promemoria la Piana di Albenga formatasi per le alluvioni del Centa.
I popoli liguri amavano le montagne su cui stanziavano; per esse provavano
rispetto perché vi traevano di che vivere; ed è per questo che le loro primitive
religioni li portavano a venerarne le vette, quasi fossero divinità.
Lo storico Plinio, in merito, ci informa che oltre alle vette i liguri adoravano anche
le piante e le sorgenti.
Da bravi abitatori delle montagne associavano al culto delle vette la loro
conoscenza dei venti e segnavano con sculture rupestri i loro idoli che ci riportano
al faggio in quanto “divinità” che sopravvive a chi l’ha piantato.
Non mancano documentazioni che riportano le forme dei corvi, dei serpenti, del
sole, della luna, del fuoco. Tutto un’insieme di rappresentazioni “religiose” che
sottolineavano il rispetto che provavano verso le forme naturali che
testimoniavano la vita e la documentazione di essa. Gli scavi archeologici ci
danno suggerimenti interpretativi dei liguri dal paleolitico fin dopo il neolitico:
ciottoli, raschiatoi… eccetera.
In prossimità di Loano sono state rinvenute tracce dell'Uomo di Neanderthal;
nelle grotte di Toirano sono visitabili residui riconducibili alla fine del Paleolitico;
nella grotta dei Balzi Rossi di Ventimiglia vi sono resti attribuibili all'Uomo di
Cro-Magnon; tutti reperti di epoche che si pensa siano collocabili alla vita di
ventimila e diciottomila anni fa.
Gli antichi liguri vivevano in dimore fisse, non erano, stranamente come si
supporrebbe, degli esploratori o dei conquistatori di terre; si stabilivano in un
luogo, lo coltivavano e vi fissavano le loro “organizzazioni” tribali, impostate sul
matriarcato; coltivavano principalmente il nocciolo, il castagno, il lino, il melo,
l’orzo, il luppolo. Erano forti bevitori di birra (il vino e la coltura delle vigne furono
un risultato dell’occupazione romana e dell’alleanza con Roma).
Le recenti scoperte archeologiche ci indicano che si servivano di asce di pietra,
levigate con profonda cura e affilatissime, tanto da permettere loro di potere
abbattere gli alberi e i grandi faggi “divini”.
Siamo intorno al 600 a.C.
quando si comincia ad utilizzare
il bronzo per la costruzione di
asce, di utensili di vario genere e
di armi da difesa e da caccia; il
ferro era impiegato per forgiare
ornamenti.
Questa pietra è stata trovata nel 2007 sul Monte Fasce – Genova
dall’editore.Osservandola attentamente, ci ricorda un’ascia paleolitica, o,
quantomeno, un’arma ben levigata le cui forme e le dimensioni ci fanno
pensare ad un’amigdala.