E’ di nuovo il 2009.
Non posso far altro che apprezzare la grande cura e la perizia che
diligentemente mettevi nell’allestire i tuoi spettacoli. Il profondo rispetto
dimostrato nei confronti del pubblico cercando di offrire un’esibizione
sempre ricca d’emozioni e di contenuti.
Consapevole di essere un po’ scontata, vorrei comunque affermare che l’alta
qualità per come è strutturata la società in cui viviamo, richiede sforzi
economici di una certa rilevanza.
E allora, tu instancabile a spiegare: ”Grazie ai soldi che guadagno con i
concerti, mi ci compro una bestia per la mia azienda agricola”.
E, sprezzante, sostenevi che in fondo non era male spillare
le palanche
del
biglietto a qualche ricco figlio di papà.
Trovo una forte analogia tra il sogno (ahimè, rimasto tale) di trasferirmi in una
comune anarchica inglese e la realizzazione da parte tua della fattoria
dell’Agnata in Gallura.
Luogo quasi paradisiaco dove, lasciandoti alle spalle le contestazioni, hai
creato un nucleo vitale indipendente e lontano da quel tipo di realtà ipocrita e
caotica con cui non volevi avere a che fare.
E’ toccante per me aver appreso quanto tu amassi la nostra lingua e come tu
l’abbia sapientemente cantata.
In quelle parole, in quei suoni così unici, ho potuto riabbracciare mia nonna; il
sapore dei piatti tipici con cui sono cresciuta e che trasudavano amore.
Attraverso la tua voce così calda e famigliare, ho ricevuto in dono l’inaspettata
fortuna di riascoltare quella di mia madre; quando, la notte, dolcemente,
cantilenava favole in dialetto per farmi addormentare.
Sento di aver imparato molto da te.
Un invisibile ma spesso filo carico di sensazioni ci tiene legati.
Al di là di ogni dimensione, al di là di ogni tempo.
E’ il 2029.
E’ una giornata “sbagliata”.