rielaborazione pizzo antico
Il macramè all’Albergo dei Poveri era anticamente fatto con un semplie intreccio delle
frange, sino al 1843, quando la Baronessa A. d’Asti comprò un asciugamano a Roma,
riccamente ornato e lo lasciò come campione. Maria Picchetti, una giovane donna,
ebbe la pazienza di disfare la frangia per scoprire come era stato fatto. Adesso si
eseguono una grande varietà di disegni, e le maestre ne inventano dei nuovi. Alcuni
lavori sono destinati alla chiesa. Elaborati capolavori sono stati all’Esposizione di Parigi
del 1867. Questi elaborati macramé sono un articolo da corredo per le spose
genovesi, mentre altri sono venduti in campagna, e sono pure esportati in Sud
America e California..”
I testi appena citati sono una prova a favore della presenza del macramè all’Albergo
dei Poveri. Non pare possibile che un’attività sporadica faccia parlare di se, da così
diversi autori., senza avere alcun fondamento. Nel ‘900 a Chiavari si assiste allo
sviluppo di un nuovo modo di fare macramè, definito “lavorazione moderna”, legato
forse a rispondere ad una maggiore richiesta, cioè un facile intreccio di nodi semplici
che consentono la produzione di un pizzo molto leggero e alto ( da ricordare che il
prezzo del pizzo era determinato dalla sua altezza). Tra le maestre è da ricordare
Maria Picchetti che attraverso il suo operato diede nuovo impulso all’arte dei nodi. Il
macramè fu portato un po’ ovunque anche con l’emigrazione che nei primi anni del
1900 spopolò le campagne dell’entroterra ligure. Tecnicamente il macramè è un pizzo
basato sull’annodatura di fili su un filo detto conduttore che determina la
composizione dei disegni. La lavorazione del macramè non necessita di particolare
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