Il vino: storie di uomini, di terreni, di vitigni e di vigneti - page 6

La figura dell’enologo non esisteva ancora e il viticoltore doveva
fare da sé.
Il periodo della vendemmia era un momento gioioso e veniva
vissuta dalle famiglie come una lunga e allegra domenica festiva, io
saltavo volentieri alcuni giorni di scuola per andarea vendemmiare.
Il sabato e la domenica amici e parenti arrivavano ad aiutarci e poi
mangiavamo tutti insieme per festeggiare un nuovo inizio: un nuovo
vino stava per venire al mondo.
Negli anni Sessanta la
coltivazione principale
era la vigna, coltivata
ancora
come
nell’Ottocento, con
una
lavorazione
ancora
totalmente
manuale.
All’epoca la strada
carrozzabile per le
auto in campagna non
esisteva ancora, e i
trasporti si effettuavano esclusivamente con i muli.
Le lavorazioni del terreno venivano realizzate a mano con il
magaglio, un tridente simile ad una zappa con il manico corto per
avere una maggior presa sul terreno, duro e pietroso, delle nostre
zone, e i trattamenti si eseguivano conmacchine a spalla, ma l’aria
era piùpulitae lepiante erano di conseguenza più sane.
Risale a quell’epoca l’entrata sul mercato delle prime motozappe,
composte da piccoli motori che facevano roteare dei ganci, per
sollevare il terreno, e chi poteva permettersele riuscì a risparmiare
molto tempo e fatica.
Ma il nostro terreno è duro e compatto, e spesso quando i ganci
incontravano pietre e massi saltavano, diventando pericolose per
l’operatore.
Un altro attrezzo a motore era l’atomizzatore: un piccolissimo
motorino collegato ad un serbatoio che conteneva liquido o polvere
per effettuare i trattamenti.
Erano gli anni del boom economico, del miracolo italiano, e la
tecnologia iniziava adaiutareanche i contadini nelle campagne.
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