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scelta di questo gioco ci spingono a fare delle considerazioni sul
tempo messo a nostra disposizione: il gioco, così come il terzo
contenitore ci ha suggerito, ci concede solo un quarto d’ora di
tempo.
Considerando che si può fare all’amore, quando ci si ama
veramente, anche in molto meno tempo: per dare e ricevere amore
a volte basta anche un semplice abbraccio, se dentro il cervello si
ha la libertà di potersi esprimere e la voglia di andare oltre.
Ecco, sotto questo profilo, il gioco ci giunge a puntino, perché ci
permette il proseguimento nel tempo. Ci dà, cioè la possibilità di
costruire oggi quello che potremo cogliere domani, con cura
costante.
Questo è uno di quei casi in cui amare diviene la sublimazione di
noi stessi: ci accomuna, sì, agli animali inferiori nel bisogno di sesso
ma ci innalza perché sotto la spinta dei sentimenti ci impegna a
costruirci qualcosa di più dolce, di più intimo: la poesia di amare ed
essere amati.
E torniamo al gioco: vanno considerati alcuni aspetti di natura etica
che ci provengono dall’educazione sociale e personale con cui ci
siamo costruiti. Il gioco ci porterebbe, in alcuni casi, a crearci dei
freni di natura sociale, e praticarlo ci potrebbe causare quel senso di
peccato che inizialmente ci inibirebbe. Non è così: più religiosi
siamo più istintivamente cogliamo il piacere verso il proibito.
Basterebbe analizzare la situazione dalla prospettiva di chi vive
nella società ecclesiastica; in alcuni casi e per alcuni individui
diventa una condizione psicologica normale l’eccitazione e lo
stimolo nel corso di una confessione infarcita di situazioni sessuali
in “odore di peccato” e si perviene ad istintive fantasie erotiche. E
capita anche che qualche donna confessandosi esageri le
situazioni erotiche e le abbellisca per mettere a disagio il
confessore che la sta ascoltando (magari perché da lui si sente
sessualmente stimolata?).
Sull’argomento vale la pena ricordare, a riprova, le numerose
richieste di “non-celibato” fra chi pratica il sacerdozio, come pure
quei casi di individui che volendo mantenere la facciata del celibato,
