i liguri si raccontano vol 2 - page 54

Diao” (il Diavolo). Giovane contadino originario della Fontanabuona,
vissuto tra fine settecento e primi anni dell'ottocento, il Diavolo
guidava una banda che rapinava ed uccideva con brutalità,
terrorizzando gli abitanti della valle. Uno dei punti di incontro della
banda era a Corte Lambruschini; all'apice della carriera, incuteva un
tale timore da potersi permettere di guidare la processione della
Madonna del Carmine a Molassana, armato di tutto punto con una
candela in mano. Un altro aneddoto che lo riguarda è riferito alla
tutela legale per il proprio cognato, prigioniero e sottoposto a
giudizio, da lui ottenuta, promettendo all'avvocato Bartolomeo
Mangini (divenuto noto come l'avvocato dei briganti), di riservargli lo
stesso trattamento che le Autorità avrebbero dedicato all'imputato. Il
Mangini riuscì in qualche modo, ad aver salva la vita del proprio
indesiderato cliente, e ne ebbe in cambio, che nello stesso punto
dove aveva incontrato per la prima volta il Diavolo, sempre trovò
una scorta ad attenderlo che gli consentiva di percorrere la strada
fino a Fontanarossa, suo paese d'origine, senza alcun disturbo e
rischio. Nel 1805, durante la dominazione napoleonica, il brigante si
mise al servizio degli inglesi, e così, un po' per la caccia che gli
davano i francesi, un po' perché la popolazione locale era stufa di
sopportare i suoi soprusi, pensò bene di trasferirsi altrove; a Trieste
dove pensava di rilanciare la sua carriera di brigante, fu invece
catturato e in breve tempo riportato a Genova dove fu processato e
condannato a morte. L'esecuzione che affrontò coraggiosamente,
dopo aver voluto, malgrado il soprannome, i sacramenti, si tenne in
Sant'Agata, nei pressi dell'Oratorio delle Olivette alle ore 11 del 19
Novembre 1805; Pipin Musso aveva 26 anni.
Verso la fine dell'ottocento, un altro delinquente ebbe gli onori della
cronaca, operava anche lui in un'area alle spalle di Genova, sulle
colline di Quezzi ed Apparizione, nella zona del Pianderlino, ed era
soprannominato lo “Sbirretto”, questo era il nomignolo che gli era
stato attribuito. Lo Sbirretto non era un violento, e concentrava la
sua attività sui furti, divenne popolare, dopo che nel 1883, la
“Domenica del Corriere” e la “Tribuna Illustrata” ne pubblicarono il
ritratto, e, nonostante non si sia mai accertata la sua reale identità, il
suo soprannome veniva anche utilizzato all'interno di strofette,
impiegate dalla gente per prendere in giro le Autorità. Quando l'aria
cominciò a farsi troppo pesante, lo Sbirretto scomparve senza
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