i liguri si raccontano vol 2 - page 53

primi stavano tornando dal mercato del grano a Monleone.
Sfortunatamente per gli assalitori, causa il trambusto e l'oscurità
ormai incombente, uno dei soccorritori fu ferito, ma nonostante ciò,
l'inseguimento dei briganti ormai in fuga, a causa del numero
preponderante degli avversari, che disponevano anche di cani da
caccia, proseguì con successo, tanto che alla fine due di loro furono
catturati a Sbarbari, in Val d'Aveto, e riconosciuti come abitanti di
Caorsi. Rinchiusi nel castello di Santo Stefano, sotto la giurisdizione
del Marchese Doria, furono condannati a cinque anni di esilio.
Lungo la strada che si arrampica fino al Passo del Bracco, lungo il
tracciato della vecchia Via Aurelia, approfittando della pendenza dei
tornanti e della conformazione selvaggia, i briganti avevano buon
gioco nel fermare i viaggiatori di passaggio per depredarli; già nel
1582 si racconta di un assalto al corriere postale proveniente da
Roma, e gli episodi furono molti, tanto che nel 1600 e poi nel 1773
vennero assunte dalla Repubblica di Genova misure eccezionali per
arginare il fenomeno.
Un altro episodio di brigantaggio riportato dalle cronache risale al
1659, anno in cui venne arrestata la banda che infestava la zona ed
aveva il covo nell'osteria di Bozzolo, frazione di Brugnato; nel
numero delle persone arrestate, non comparivano i capi della banda
(due fratelli di nome G. Battista e Antonio Abrasetti) che
mascheravano il loro ruolo di capi banda dietro quello di esercenti
dell'osteria. Quindi le azioni di brigantaggio continuarono, fino a
quando la popolazione locale, stanca di subire, provvide per proprio
conto alla cattura dei due delinquenti consegnandoli alle autorità
giudiziarie. I due fratelli, per evitare una condanna certa
all'impiccagione da parte del tribunale di Levanto, tentarono di
salvarsi, affermando che da bambini avevano ricevuto la tonsura e
la imposizione della cotta, rito rimasto in vita fino al Concilio
Vaticano II.
Il Vescovo di Brugnato G. Battista Paggi, in un primo momento
chiese al Senato Genovese l’assoggettamento dei due alla propria
giurisdizione, ma verificato la vita realmente condotta dagli
Abrasetti, e per l'abbandono da tempo avvenuto delle pratiche
formali che essi accampavano, ritenne di non poterli più considerare
chierici. I due briganti furono impiccati alla forca che si ergeva sulle
alture dominanti Levanto. Nel territorio della Val Bisagno, operava
una figura di brigante classico: Giuseppe “Pipin” Musso, detto “o
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