Liguria: contrade, villaggi, paesi, città. - page 38

le mitragliatrici. Ma eravamo troppo ben piazzati perché potessero
colpirci, mentre per noi era un tiro al bersaglio.
Dopo un po’, non so dire quanto, perché in simili momenti non si ha
la nozione del tempo, “Forcella”, arrivò gridando: “Sono tedeschi!”.
Non c’erano più dubbi, la nostra era una posizione insostenibile e
pericolosa. Sapevamo che la nostra via di fuga era a metà strada
fra noi e loro. Bisognava quindi raggiungerla, altrimenti saremmo
rimasti in trappola. Passammo parola: “Ritirata”. Uscimmo di corsa
allo scoperto sparando all’impazzata. In quel momento eravamo noi
dei bersagli facili, sagome scure sullo sfondo bianco. Un turbine di
pallottole ci sibilava attorno rabbioso. E gli stavamo correndo
incontro.
A un tratto la loro reazione quasi si placò: eravamo arrivati in
prossimità della curva, fuori dalla loro visuale. Cessarono di
sparare. I posapiano del distaccamento, per nulla impressionati
dalla grave situazione nella quale eravamo venuti a trovarci,
smisero di correre. Tra questi il solito “Fioravanti”. Addirittura si
fermarono gridando: “Scappano, scappano”. Ansimando ci
fermammo anche noi. Nell’esultanza della vittoria, i commenti
sarcastici sulla razza superiore di Hitler si stavano sprecando. Non
c’era però tempo da perdere: dovevamo risalire a Caprile per
affrontare, da una posizione più vantaggiosa, la colonna apparsa
alle nostre spalle. Avevamo appena imboccato la salita, quando
arrivò “Giura”. Si era attardato per avere la certezza
dell’informazione che ci aveva prima comunicato tramite “Forcella”.
Mi porse i binocoli che gli avevo prestato e, con evidente disagio,
disse: “Non sono tedeschi, ci siamo sbagliati. Quando è cominciata
la sparatoria si sono fermati e sono tornati indietro di gran carriera”.
“Giura” e “Forcella” erano stati tratti in inganno dalle divise e dalle
armi di quegli uomini in fila indiana che avevamo visto sulla cresta
del monte. Erano partigiani della “Matteotti” che cercavano scampo
dalla puntata nemica.
Avremmo dovuto approfittare della fuga dei tedeschi per incalzarli e
non dar loro tregua. Ma avevamo perduto tempo prezioso e, quando
arrivammo di corsa sulla testata del rettilineo, tra la neve e il
ghiaccio, trovammo tanto sangue, resti di pacchetti di medicazione,
zaini, cassette di munizione per “seghe di Hitler”, alcuni fucili ed
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