Liguria: contrade, villaggi, paesi, città. Vol I - page 86

trovarono, intorno al 1625, in prossimità di diventare titolari della chiesa
parrocchiale di Campo.
La guerra infuriava anche in Valle Stura e nel vicino Monferrato, luoghi desolati
orrendamente dalla soldataglia genovese, spagnola, francese, sabauda (v.
Giorgio Casanova, “La Liguria centroccidentale e l’invasione franco-piemontese
del 1625”, 1983): l’Arciprete di Campo, don Antonio dei Marchesi di Ponzone, nel
1625 risultava assente dal paese, forse, come spesso avveniva, rapito a scopo di
estorsione da una qualche banda di soldati; forse in quel momento nel castello di
famiglia di Ponzone assediato dalle truppe ispano-napoletane.
In assenza del parroco, i frati brigarono per farsi assegnare definitivamente la
parrocchia, ma fallirono nei loro intenti: caduta Ponzone nel 1628, don Antonio
era nuovamente a Campo. Un secondo ed ultimo tentativo dei Gerolimini si
consumò nel gennaio 1634 allorché i frati convinsero don Pasquale Perotti,
successore di don Antonio, a farsi cedere il Beneficio parrocchiale in cambio di
una pensione annua. La vicenda venne fulminata da una scomunica papale: papa
Urbano VIII bollava tale transazione come “simonia...aut aliqua alia illicita pacta
vel etiam corruptela” stracciando l’atto di cessione di per sé “irritum...et inane” (v.
la bolla papale in ASVAT).
Disillusi, i frati nel 1635 iniziarono la costruzione della loro chiesa che venne
terminata e benedetta il 2 maggio 1639.
In breve, la chiesa (di cui le uniche testimonianze iconografiche sono costituite da
due vedute di Campo, una del 1748 di don Luciano Rossi, una del 1781 nel
“Cabreo Spinola”, redatto dall’ing. Giacomo Brusco), sembrò troppo piccola,
sicché la Magnifica Comunità di Campo decise di erigerne una più bella e
spaziosa la cui prima pietra venne posta il 5 luglio 1665. I lavori terminarono nel
1690. La chiesa precedente, inserita nel complesso conventuale, venne
trasformata nel refettorio dei frati. Oggi, la grande costruzione della nuova chiesa,
pur trasformata in magazzino, è ancora leggibile nelle sue strutture
architettoniche: la chiesa era lunga 29 m e larga 15, aveva una cupola ellittica
con gli assi di 17 x 15 m. ed era alta da terra 20,50 m. Date le misure, si può
supporre che la chiesa fosse dotata di perfetta acustica. Non vi erano
decorazioni, ma era tutta imbiancata.
La collaborazione tra la Parrocchia e i padri del Convento non durò nemmeno
una cinquantina d’anni: screzi, dissapori, tentativi di sovrapposizione di funzioni,
prevaricazioni sull’Arciprete, insubordinazione dei padri all’Ordinario diocesano,
portarono il Vescovo a colpire il Convento con l’interdetto nel 1752. Da quel
momento per il Convento fu un lento declino: i frati si ridussero a due o tre e in
grande miseria, avendo perduto le cinque cappellanie che erano state devolute
alla Parrocchia. La rivoluzione del 1797 diede il colpo di grazia alla presenza dei
Gerolimini a Campo. Il Convento venne praticamente distrutto dai soldati franco-
polacchi che vi bivaccarono durante il 1799-1800; la chiesa non fu distrutta, ma
trasformata prima dai rivoluzionari in “teatro democratico”, fu poi ridotta dalla
soldataglia a spelonca e venne abbandonata finché il Comune, che ne era
proprietario, negli anni venti del sec. XIX la vendette a privati.
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