Liguria: contrade, villaggi, paesi, città. Vol I - page 64

Presa la piazza di Ovada dalle truppe dei Savoia nell’aprile 1746, in giugno la
Valle Stura fu sbarrata e fortemente presidiata dalle truppe genovesi di Stefano
Lomellini alle quali i campesi dovettero contribuire denaro, armi e vettovaglie,
dopo che il comandante genovese entrò prepotentemente in chiesa a cavallo,
frustando a destra e a manca con spietatezza i fedeli che ivi erano radunati.
Il 1° settembre gli imperiali sfondarono le difese genovesi al passo della
Bocchetta, sicché il Lomellini per non essere preso di fianco abbandonò la Valle
Stura ritirandosi in Voltri. Il 6 settembre tutta la Valle era in mano degli imperiali
che, con il generale Antonio Botta Adorno, occuparono anche Genova, che si
ribellò il 5 dicembre (la così detta “rivolta del Balilla”). Gli imperiali si trincerarono
in Novi, ma la Valle Stura fino ad Ovada venne rioccupata dai genovesi del
capitano Anfrano Sauli. Fu questo il momento in cui Campo si schierò
decisamente con l’Impero.
Il 10 gennaio 1747 il comandante imperiale De Franquin, presa Ovada l’8, pose il
suo comando in Campo con 1600 uomini, mentre il Sauli si chiudeva nel castello
di Masone ove resistette eroicamente con pochi soldati sino al mese di maggio.
Le “compagnie franche” di Lorenzo Barbarossa, che pure un qualche aiuto
avevano dato ai genovesi (ma che, più che altro, avevano pensato a razziare il
territorio, secondo consuetudine) si rifiutarono di chiudersi nel castello e
abbandonarono il Sauli. Il 13 aprile il presidio imperiale in Campo era formato da
300 “grenzer” agli ordini del capitano von Rath. Dopo molti scontri e
combattimenti, il 20 maggio gli imperiali posero l’assedio al forte di Masone che fu
costretto ad arrendersi il 28 maggio e il giorno seguente fu fatto saltare con le
mine.
A metà luglio il comandante francese in Genova, Armand de la Porte Marchese di
Richelieu, decise di dare l’assalto al campo trincerato di Campo; ma il 22 luglio
giunse in piazza il reggimento di Giovanni Sebastiano conte di Soro (un nobile
catalano che aveva rifiutato i Borboni e si era messo al servizio degli Asburgo)
con 600 soldati che arrivarono ben presto a 3-4000, con l’aggiunta delle truppe
sabaude del Marchese di San Germano. L’assedio si protrasse sino ad ottobre tra
assalti e controffensive. Il 16 ottobre Campo era completamente circondato da
circa 12 mila uomini le cui artiglierie presero a cannoneggiare il paese e il
castello.
Soro e San Germano, d’accordo con i comandanti imperiali di Ovada (Nadasti) e
di Novi (Nehaus) decisero la sortita. Il 17 ottobre si combatté una furibonda
battaglia: i francesi attaccati da varie parti decisero la ritirata sul Turchino, ma
mentre si stavano trincerando furono presi di fianco dal reggimento Nehaus e
furono costretti il 18 ottobre a retrocedere sino a Voltri, ove gran parte si imbarcò
per sfuggire al nemico (una piccola Dunkerque!).
Da Voltri sino a Sestri le popolazioni rivierasche dovettero, quindi, subire la
“tradizionale” ferocia disumana delle milizie imperiali formate da varadini, panduri,
croati, ulani, licani, tolpasci, dai famigerati “grenzer” nonché dai terribili mercenari
catalani, i “micheletti”, classificati dagli storiografi quali veri e propri “pendagli da
forca” (v. Ludovico A. Muratori, “Rerum Italicarum Scriptores”, che usa Bonamico
Castrucci, “Commentariorum de bello italico”, 1751).
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